IL PRETORE GIUDICE DEL LAVORO
   Sciogliendo  la  riserva  di  cui al verbale che precede, in merito
 alla non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale  della  norma  di  cui  all'art. 373 cod. nav., rileva
 quanto segue.
   La norma citata stabilisce che i diritti derivanti dal contratto di
 arruolamento si prescrivono con il decorso di due anni  dallo  sbarco
 nel  porto  di  arruolamento  successivamente  alla  cessazione (art.
 340-bis cod. nav.) od alla risoluzione del contratto.
   Peculiarita', dunque, del  regime  prescrizionale  di  diritti  nel
 lavoro marittimo sono:
     1)  il  termine  prescrizionale  di  due  anziche' di cinque anni
 previsto dall'art. 2948, nn. 4 e 5 cod. civ.;
     2) la decorrenza di tale termine dalla estinzione del rapporto.
   La norma in questione  sembra  essere  stata  cosi'  concepita  per
 motivi che possono in tal modo riassumersi:
     a)  nella  navigazione marittima, data l'unitarieta' economica di
 ogni viaggio, e' necessario acclarare e  risolvere  rapidamente  ogni
 pendenza;
     b)  i marittimi non possono far valere le loro ragioni fino a che
 sono a bordo della nave e lontani dal  porto  d'imbarco,  sicche'  e'
 solo  al  momento  dello  sbarco  che, concretamente, il diritto puo'
 essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.);
     c) all'epoca di  emanazione  dell'art.  373  cod.  nav.,  con  il
 ritorno  della  nave al porto di partenza, il rapporto normalmente si
 estingueva.
   Da tali circostanze nasceva quindi, l'esigenza di fare certezza  in
 tempi brevi sui rapporti di debito e credito.
   Il   legislatore  del  codice  della  navigazione  del  1942  aveva
 individuato i criteri che presiedono alla prescrizione  in  relazione
 all'unico   rapporto   di   lavoro   subordinato   nautico  all'epoca
 disciplinato "il contratto di  arruolamento  a  viaggio  o  per  piu'
 viaggi  (art.  340  cod.   nav.)", che si risolveva di diritto con il
 compimento del viaggio, al momento dello sbarco, e che  era  comunque
 risolubile  da  parte  dell'armatore in qualsiasi tempo e luogo (art.
 345 cod. nav.).
   In data 6 ottobre 1970 la S.N.A.M. S.p.a., la SiderMar S.p.a. e  le
 OO.SS.  dei  lavoratori  stipularono  l'accordo  che  introduceva  la
 stabilita' di occupazione (o continuita' del rapporto di lavoro)  per
 il personale del turno particolare della societa' che avesse compiuto
 dodici  mesi  di  effettiva  navigazione alle dipendenze della stessa
 negli ultimi due anni od entro due anni dall'assunzione.
   Il regolamento per la  stabilita',  con  cui  le  parti  collettive
 provvedevano  ad applicare i principi in tema di stabilita' del posto
 di lavoro, entrava in vigore in via sperimentale il 1 novembre 1970 e
 definitivamente veniva introdotto dal C.C.N.L. di settore a far  data
 dal 1 aprile 1972.
   A  seguito dell'evoluzione sostanziale della disciplina collettiva,
 con l'introduzione della C.R.L., il rapporto di lavoro nautico non e'
 piu' identificabile solo con il contratto di arruolamento che lega il
 marittimo alla singola nave e di regola si  risolve  con  lo  sbarco,
 bensi'  anche  con  un rapporto tra il marittimo e l'armatore a tempo
 indeterminato.
   La disciplina della continuita' del rapporto di lavoro  ha  infatti
 svincolato il rapporto di lavoro marittimo dall'arruolamento, facendo
 permanere   il   primo   anche   indipendentemente   dall'imbarco  od
 arruolamento:  i marittimi in continuita' di rapporto, pertanto,  non
 percepiscono  all'atto  dello  sbarco l'indennita' di preavviso ed il
 T.F.R.; dopo il regolare periodo d'imbarco, dopo aver  usufruito  del
 periodo  di riposo - pari alle ferie maturate durante l'imbarco ed ai
 giorni di riposo compensativo  maturati  e  non  fruiti  relativai  a
 sabati,  domeniche  e festivita' trascorse a bordo durante l'imbarco,
 nonche' ai giorni di ferie maturati durante il periodo a terra  (art.
 79   C.C.N.L.    1991;  art.  74  C.C.N.L.  1988)  -,  devono  essere
 reimbarcati con obbligo  di  accettazione  della  chiamata  d'imbarco
 (art. 83 C.C.N.L. 1991; art. 78 C.C.N.L. 1988), mentre, in difetto di
 chiamata  d'imbarco, entrano nel periodo cosiddetto di disponibilita'
 retribuita (art.  85 C.C.N.L. 1991; art. 80 C.C.N.L.  1988),  durante
 il  quale percepiscono quasi l'intera retribuzione in tutto l'arco di
 tempo, che si  protrae  dall'imbarco  fino  alla  estinzione  con  la
 cancellazione  dal  turno  particolare  o  con  la  non reiscrizione,
 decorre l'anzianita' di  servizio;  all'atto  della  risoluzione  del
 rapporto  viene  liquidato il T.F.R.  (art. 88 C.C.N.L. 1991; art. 83
 C.C.N.L. 1988).
   Dunque il nuovo  regime  introdotto  ha  identificato  un  rapporto
 contrattuale  che ha la funzione di superare la limitatezza temporale
 delle singole convenzioni, assicurando  ai  marittimi  in  C.R.L.  un
 rapporto  di lavoro dotato di garanzie analoghe a quelle previste per
 le altre categorie di dipendenti.
   Alla luce  di  quanto  sopra  il  regime  prescrizionale  biennale,
 vigente  anche  per  il  rapporto di lavoro nautico in C.R.L., appare
 oggi ingiustificatamente  piu'  favorevole  di  quello  applicato  al
 lavoro comune: al proposito si deve, in primo luogo, ricordare che la
 Corte  costituzionale,  partendo dal presupposto che la situazione di
 debolezza del lavoratore, che gli impedisce di far valere le  proprie
 ragioni,  dipende dal timore di essere licenziato, ha ritenuto che la
 prescrizione puo' correre in costanza di rapporto in tutti i casi sia
 in qualsiasi modo garantita la stabilita' del rapporto di  lavoro  ed
 in particolare, in tutti i casi in cui trova applicazione, ex art. 18
 legge  n.  300 del 1970, l'istituto della reintegrazione nel posto di
 lavoro come rimedio al licenziamento illegittimo.
   La Corte di cassazione ha recepito integralmente tale principio  ed
 e'  ormai  orientamento  consolidato  quello  per cui la prescrizione
 decorre in costanza di  rapporto  di  lavoro  per  tutti  i  rapporti
 soggetti  all'applicazione  della  tutela  reale del posto secondo le
 disposizioni della legge n. 108 del 1990.
   Al  proposito  si  sottolinea   che   la   sentenza   della   Corte
 costituzionale  n.  96 del 1987 ha dichiarato incostituzionale l'art.
 10 della legge n. 604 del 1966 e l'art. 35 della  legge  n.  300  del
 1970  nella  parte  in cui non prevedono la diretta applicabilita' al
 personale  marittimo  navigante  della  tutela apprestata dalla prima
 legge e dall'art. 18 della statuto dei lavoratori,  che  assicura  la
 tutela  reale  nel  posto  di  lavoro  in caso di recesso illegittimo
 dell'armatore.
   Conseguenza della richiamata pronuncia e' che la legge n.  604  del
 1966  e  l'art.  18 della legge n. 300 del 1970 si applicano anche ai
 rapporti di lavoro nautico.
   La disciplina collettiva applicabile al rapporto de quo,  peraltro,
 all'art.  87  del  C.C.N.L. 1991 ed all'art. 82 del C.C.N.L. 1988 per
 gli equipaggi dei mezzi superiori a 500 tonnellate di  stazza  lorda,
 valevole  per  la  S.N.A.M.  S.p.a.,  subordina  la  risoluzione  del
 rapporto di lavoro  del  personale  in  C.R.L.  alla  sussistenza  di
 circostanze  oggettive  e  predeterminate sindacabili processualmente
 dal giudice il quale puo', quindi,  considerato  anche  il  requisito
 numerico  dei  dipendenti della societa', rimuovere gli effetti di un
 licenziamento illegittimo.
   Il lavoro marittimo in C.R.L. ha infatti in caso  di  licenziamento
 illegittimo, la stessa tutela che viene accordata agli altri rapporti
 di   terra   dotati   di   stabilita',   e  dunque  il  diritto,  ove
 illegittimamente licenziato, all'applicazione della legge n. 604  del
 1966  e  dell'art.    18 della legge n. 300 del 1970 (Cass. Sez. Lav.
 1874 dell'8 marzo 1990) con la reintegrazione  nel  posto  di  lavoro
 pacificamente  affermata  anche  dalla giurisprudenza di merito (cfr.
 pretura di Genova 3 dicembre 1988).
   Il termine di prescrizione di cui  all'art.  373  cod.  nav.  e  la
 decorrenza di esso dalla data di cessazione del rapporto anziche' nel
 corso  dello  stesso  non  sono  pertanto piu' giustificati ne' dalla
 specialita' del rapporto di lavoro marittimo, ne' dalla  esigenza  di
 eliminare  al  piu'  presto  la  pendenza  di situazioni di credito e
 debito poiche' il rapporto di lavoro presegue ininterrottamente tra i
 contraenti al di la' dei singoli contratti di arruolamento.
   Si deve altresi' sottolineare che elementi di specialita' correlati
 al fatto della navigazione sono stati via via eliminati: la  sentenza
 della  Corte  costituzionale  n.  374  del 1991 ha infatti dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 35 della legge n.  300  del
 1970,  terzo  comma,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la diretta
 applicabilita' al personale navigante delle  imprese  di  navigazione
 dei  commi  1, 2 e 3 dell'art. 7 della medesima legge (norma relativa
 alla procedura di contestazione delle infrazioni disciplinari e della
 irrogazione delle relative sanzioni).
   Da ultimo con  la  sentenza  n.  72  del  7  marzo  1966  la  Corte
 costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita' dell'art. 369, comma
 primo, cod. nav.  nella parte in cui - diversamente a  quanto  accade
 per  gli altri lavoratori - dispone che le retribuzioni dei marittimi
 non possono essere sequestrate o pignorate nei limiti del  quinto  se
 non  per  cause di alimenti dovuti per legge, ovvero per debiti verso
 l'armatore.
   Alla  luce  di  quanto  sopra  disposto,  allo  stato  attuale,   e
 certamente  a  far data dal 3 aprile 1987, il lavoratore marittimo in
 C.R.L., o che abbia operato in costanza di rapporto  in  tale  regime
 contrattuale,   non   ha  motivo  di  fruire  del  piu'    favorevole
 trattamento prescrizionale decorrente dalla cessazione del rapporto.
   La  rigorosa  limitazione  alle deroghe del principio di parita' di
 trattamento di cui all'art. 3 della  Costituzione  ha  senso  infatti
 nelle   sole   ipotesi   in   cui   esistano  e  prevalgono  esigenze
 giustificatrici della prestazione di tutela che, tuttavia,  nel  caso
 di rapporto in C.R.L. non sono presenti.
   Per  tutto  quanto sin qui illustrato, quindi, si deve ritenere che
 ormai non esiste quanto  ai  diritti  connessi  alla  prestazione  di
 lavoro in regime di C.R.L. motivo giuridico alcuno per riconoscere un
 regime  di  prescrizione decorrente dalla risoluzione del rapporto di
 lavoro anziche' nel corso dello stesso, se non violando il  principio
 di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
   Peraltro,   in   relazione   al  quadro  contrattuale  normativo  e
 giurisprudenziale che caratterizza il rapporto di  lavoro  in  C.R.L.
 come  delineato,  il  diverso termine di prescrizione di cui all'art.
 373 cod. nav.  rispetto a quello previsto dall'art. 2948 n.  4)  cod.
 civ.,  giustificato in origine dalle peculiarita' che distinguevano e
 rendevano diverso il contratto di arruolamento dai rapporti di lavoro
 a terra, non ha piu' motivo di  essere,  pertanto  anche  sotto  tale
 profilo sussistono gli estremi della questione di incostituzionalita'
 dell'art.   373   cod.   nav.   con   riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  nella  parte  in  cui   stabilisce   un   termine   di
 prescrizione  biennale  anziche' quinquennale, per i diritti nascenti
 dal  contratto  di  arruolamento,  termine  che  in  ogni  caso  deve
 decorrere gia' in costanza del rapporto di lavoro in C.R.L.
   Sulla  base  delle  suesposte  considerazioni  si  provvede come da
 dispositivo.